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LA LEGGE DEL SECOLO E IL DIRITTO AL RICONOSCIMENTO DELLE ORIGINI IN SENATO CON I PROTAGONISTI DEL FILM IL PIÙ BEL SECOLO DELLA MIA VITA

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Si è svolta Mercoledì 13 marzo nella Sala dei Caduti di Nassiriya presso il Senato della Repubblica, su iniziativa della senatrice M5S Elisa Pirro, la conferenza stampa “La legge del secolo e il diritto al riconoscimento delle origini”, nel corso della quale è stata presentata una mozione sul tema a prima firma della stessa senatrice Pirro. “La ricerca delle proprie origini – ha affermato la senatrice Pirro – è un passaggio chiave nel processo di definizione della propria identità, per queste ragioni ho presentato una mozione volta a bilanciare i diritti dei figli di conoscerle con quelli delle madri che partoriscono in anonimato”.

Insieme alla senatrice M5S Elisa Pirro, sono intervenuti la presidente Associazione Figli Adottivi e Genitori Naturali Luisa Di Fiore, il magistrato Alfonso SabellaAlessandro Bardani, regista del film Il più bel secolo della mia vita con i protagonisti Sergio Castellitto e Valerio Lundini e il cantautore Brunori Sas.

Il più bel secolo della mia vita, infatti, di cui sono stati proiettati alcuni estratti, è la prima opera cinematografica a occuparsi della cosiddetta: “Legge dei 100 anni”. Normativa n.184 – 4 Maggio 1983 che all’art.28 recita: “… Nel caso di figlio non riconosciuto alla nascita, chiamato anche N.N., le informazioni concernenti l’identità dei genitori biologici possono essere fornite all’esercente soltanto dopo il compimento del centesimo anno di età…”. 

Questa legge (unica in Europa e condannata sia dalla Corte di Strasburgo, sia dalla Corte Costituzionale) vieta a un figlio non riconosciuto, nato nel nostro Paese, di conoscere la sua storia familiare fino al compimento del centesimo anno di età.

“Sono felicissimo che il film abbia messo a conoscenza tantissime persone dell’esistenza di questa assurda legge e abbia risvegliato una coscienza civile nelle istituzioni; donando nuova linfa ad una battaglia che si occupa di figli non riconosciuti, diventando il manifesto di questa lotta finora non riconosciuta dal mondo politico”, ha detto il regista Alessandro Bardani.
“Essere oggi in Senato mi riempie di gioia. La nostra presenza qui è la testimonianza che c’è finalmente un’attenzione nei confronti di una battaglia importante. Mi è capitato di parlare con persone che inizialmente pensavano che questa legge fosse frutto dell’invenzione di uno sceneggiatore mentre in realtà, grazie anche a Luisa Di Fiore che ha condiviso con noi l’esperienza di questo film e che è stata una guida importante, soprattutto a livello umano con la sua grande esperienza, ho capito che questa ferita è un diritto che manca, una ferita che negli anni lacera dentro e proprio come dice la Corte Europea, non certo io, può creare danni fisici e psicologici anche se non dimostrati scientificamente. La cosa che mi stupisce è che non coinvolge solo la volontà di un figlio o di una figlia di raccontare le proprie origini e spero veramente che la legge finalmente si allinei con tutti gli altri paesi europei. Faccio una piccola parentesi: il film è stato in Belgio, addirittura a Teheran, e tutti ne erano sconvolti, non credevano dell’esistenza di una legge così atroce, perché la Corte Europea è molto semplice, richiede infatti il bilanciamento tra i due diritti, ossia il diritto dell’anonimato e il diritto della conoscenza. Questa battaglia non riguarda solo i figli ma tante donne. Ne ho conosciute tantissime e molte di loro con cui ho parlato mi hanno raccontato di essere state “costrette” ad abbandonare il proprio figlio o la propria figlia, perché concepiti fuori da un matrimonio, perché frutto di una relazione clandestina o di un rapporto occasionale e come tale macchiava la sua reputazione. Credo che ciò sia veramente un qualcosa di intollerabile e che dare la possibilità a una donna, interpellata dal Tribunale, di sapere che un figlio la sta cercando, sia un diritto e un’opportunità per la donna di rimanere anonima o, al contrario, di aprire quella porta che molte volte è una ferita che porta dentro, dovuta magari a un contesto sociale totalmente diverso, ormai passato e superato e a delle scelte che in giovane età forse non sono neanche dipese da lei.
Io spero vivamente che il cinema, e questo mio film per quello che ha potuto e potrà fare, porti avanti questa mozione. Mi rende veramente orgoglioso pensare che un’opera artistica possa riuscire ad impattare la vita di migliaia di persone., mi riempie di gioia il cuore e mi commuove.
E non posso non ringraziare la senatrice Pirro, Luisa Di Fiore e il magistrato Alfonso Sabella, che hanno scritto il nuovo disegno di legge chiamato “La Legge del Secolo”, nome dedicato al film, chi ha scritto il film con me, gli sceneggiatori Maddalena Ravaglia, Leonardo Fasoli e Luigi Di Capua, e tutte le persone che hanno lavorato al film e per il film. Questa è una battaglia che va oltre il cinema. Questa è una legge che taglia anche il diritto alla salute, perché quando un medico chiede a una persona: “Ci sono casi in famiglia di…?” e questa risponde: “Non lo so”, è una cosa atroce e agghiacciante, quindi credo che un’opera artistica, a braccetto con una visione politica, come finora ha dimostrato la Senatrice Elisa Pirro, piena di competenze ma anche di sensibilità e umanità, possano essere un connubio perfetto per far sì che le cose finalmente in Italia cambino.“.

“Il diritto umano alla propria identità e alla conseguente salute psicofisica è minato dal buio sulla propria storia biologica – ha commentato Luisa Di Fiore – Mi batto da venti anni per vedere riconosciuto questo diritto e per portare il pensiero comune a fianco di chi questo diritto non ce l’ha. Come dice Valerio Lundini in un passaggio del film: “Non sappiamo chi siamo se non conosciamo da dove veniamo”. L’Associazione che rappresento è portavoce di migliaia di figli adottivi che vogliono vedersi riconosciuto questo diritto e siamo stati onorati di aver contribuito alla realizzazione di questo gioiellino cinematografico che ci ha visto al centro della scena a cui non siamo abituati”.

“Vengo da una famiglia che non mi ha ancora abbandonato – ha esordito scherzando Valerio Lundini – e sicuramente avevo bisogno di empatizzare con il mio personaggio e capire cosa lo smuovesse ad essere così arrabbiato con la famiglia adottiva e quella che lo aveva abbandonato e quindi mi sono rivolto a Luisa che mi ha esposto la sua istanza e quello che lei e gli altri membri dell’associazione, provano. E questo sicuramente è stato molto utile. Nel film c’è una scena in cui Gustavo, interpretato da Castellitto, viene portato difronte a un Ministro affinché la sua stessa persona e la sua storia da centenario che non ha mai conosciuto i suoi genitori, potesse servire a smuovere qualcosa. Oggi sembra una situazione molto analoga a quella del film ed è un bel merito del film che questo oggi si stia realizzando nella realtà e che siamo qui a parlarne”. 

“Per un attore, un artista in genere, partecipare a un progetto che in qualche modo può produrre un cambiamento così significativo come quello di una legge è già di per sé una grande soddisfazione. – ha detto Sergio Castellitto – Non tutti i desideri sono un diritto, però la cosa interessante è che, in questo caso, a mio avviso, è proprio il desiderio che stabilisce il diritto. In conseguenza al trauma dell’abbandono, io ho il diritto di sapere da dove provengo. Il mio personaggio, Gustavo, non vuole esercitare il suo diritto, Gustavo per due terzi del film non ha nessuna intenzione di conoscere la sua origine e questo è molto interessante, è un altro dei lati del prisma della libertà. Forse non intende conoscere la propria origine perché non intende riaprire quel trauma. Gustavo dice anche un’altra cosa interessante: i figli non sono di chi li fa ma di chi li ama, di chi li protegge, di chi li porta avanti nella vita, quindi, affianco al dolore delle donne terribilmente e tragicamente vittime di un sopruso di questo tipo ci saranno anche tante situazioni in cui le donne hanno scelto di andare via e di lasciare…”

“Ho scritto questo brano partendo dalla suggestione della sceneggiatura, che già mi aveva convinto perché i dialoghi mi sembrava già di vederli e avevo la percezione e la sensazione che il film fosse un film autentico. – ha detto Brunori – Lo dico perché penso che poi quello che succede in un film, e questo è un caso veramente speciale, quando il film risulta autentico chiaramente entra più in profondità nella sensibilità e nel cuore delle persone, quindi poi possono accadere cose del genere. Tra l’altro io da cantautore, amante di un cantautorato degli anni ’70 che sicuramente aveva una valenza politica e sociale, aveva anche un suo peso, che oggi ha molto di meno, sono molto contento di questa giornata. Quando Alessandro Bardani me lo ha detto, m’ha reso felice. In un periodo di grande disincanto, di disillusione sul fatto che l’arte possa avere un impatto sulla realtà, sapere che in qualche modo un film possa stimolare il cambiamento di una legge, è una cosa molto bella, sia per la cosa in sé sia perché in generale ci fa pensare e forse sognare ancora di avere un peso nella società o comunque di poter avere uno slancio idealistico quando componiamo, quando pensiamo alle nostre opere”.

“Il vuoto normativo determinato dalla sentenza della Consulta – ha spiegato Alfonso Sabella – deve essere colmato al più presto per assicurare, almeno, l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge che attualmente è vanificata dalle differenti prassi e dai diversi criteri interpretativi adottati dai singoli Tribunali per i minorenni in assenza di una regolamentazione avente forza di legge”.

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