NOTE DI REGIA
Prima che Paolo vincesse lo Strega con Le otto montagne, Francesco Favale, amico e produttore del docufilm, mi parlò a lungo della sua passione per il premio Nobel Alice Munro, e mi espresse la volontà di fare un viaggio con Paolo, anche lui profondo conoscitore della scrittrice canadese, per intervistarla e trarne un lavoro di reportage.
Fin dal primo incontro capii che non mi sarebbe bastato. Volevo espandere l’area del nostro racconto, Paolo aveva studiato Cinema come me, e la sua scintilla si era accesa nel 2007 con la storia di Christopher McCandless raccontata in Into The wild da Sean Penn. La maggior parte dei miei lavori si è sempre occupata del reale, e la mia passione per il pedinamento pedissequo Zavattiniano mi hanno sempre spinto a indagare l’identità umana dei personaggi, prima ancora di quello che rappresentano. Paolo aveva una storia da raccontare, poiché anche lui, come molti degli autori del passato, aveva deciso di spostarsi, e di avvicinarsi alle “sue” montagne. Aveva ascoltato e seguito il richiamo della natura impossibile da ignorare, e si era trasferito in Valle d’Aosta da Milano già da qualche anno.
Scelsi così, unitamente a Francesco, di proporre a Paolo un viaggio più lungo, che prevedesse la sua presenza fisica in tutti quei luoghi che fino a quel momento aveva solo immaginato attraverso le parole dei suoi maestri di formazione, Thoreau, London, Hemingway, Carver… stabilendo i luoghi simbolo: la tomba di Carver a Port Angeles come inizio del viaggio, e il Magic Bus di McCandless come meta finale.
Il mio obiettivo era quello di avvicinare il più possibile il mondo di Paolo, fatto di parole e fantasia, al mio, fatto di immagini ed evocazione. Così ho tentato di raccontare anche l’uomo, il suo retroterra di formazione e le scelte decisive della sua vita che lo hanno fatto conoscere al pubblico.
Per quanto rischioso, ho scelto una formula di racconto libera, imperfetta, a tratti anche empirica, ma incredibilmente vera, e credo che ci siano storie che non possono che essere raccontate così, evitando di imprigionare il loro valore in una semplice domanda, o in una voce che le racconta in differita.
DARIO ACOCELLA
Nato a Napoli nel 1979, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico. Inizia nel 2001 con opere di videoarte, il suo lavoro d’esordio Chimaera vince il Braunscweigh International Film Festival. Laureatosi al Dams all’Università di Roma Tre, pratica per diversi anni l’attività di aiuto regista sia per il cinema che per la televisione. Nel 2005 gira L’isola dei venti, il suo primo documentario per la televisione. Nel 2008 dirige la sua prima serie TV per Raiuno, Il bene e il male. Nel 2013 scrive e dirige il docufilm Ho fatto una barca di soldi sulla vita dell’artista Fausto Delle Chiaie, l’opera viene selezionata in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma. Nel 2014 gira, in Brasile, il docufilm O Paìs do Futebol. Nel 2017 firma la regia del cortometraggio Good Food che viene selezionato alla Festa del Cinema di Roma. Nel 2019 gira il cortometraggio Il Dono, presentato nello stesso anno all’Italian Pavilion in occasione della Mostra del Cinema di Venezia; sempre nel 2019 dirige il documentario L’Aquila, 03:32 – La generazione dimenticata.